Cambiano i mercati, ma il vino italiano continua a tirare. Si è appena chiusa la 54esima edizione di Vinitaly, il 54esimo salone internazionale dei vini e dei distillati che si tiene ogni anno a Verona. Si è trattata di una buona occasione per discutere dello stato dell’arte dell’industria vinicola italiana, uno dei più importanti export agroalimentari del Paese.
Secondo gli esperti del settore oggi il mercato del vino tira come non mai. Nel settore lavorano circa 130.000 imprese agricole e 45.000 imprese vinificatrici, vale 14,5 miliardi di euro di prodotto interno lordo di cui 7,1 di export (+12% su 2021). Ma solo 106 aziende (di cui la metà cooperative) fanno il 60% export, a sottolineare come ci sia ancora moltissimo potenziale per migliorare l’accesso ai mercati internazionali di queste aziende – e le fiere come Vinitaly, dove si sono date appuntamento oltre 4000 aziende sono importantissime per far incontrare domanda e offerta.
La maggior parte dell’export è concentrato in Europa e nel mercato nord americano dove viene concentrato il 25% delle esportazioni (oltre 1,6 miliardi). Gli Stati Uniti e Regno Unito hanno fatto registrare crescite a doppia cifra in alcuni settori (negli Usa +41% per i vini rossi piemontesi e +31% per i rossi toscani).
Andando ad analizzare le performance delle singole denominazioni: il Brunello di Montalcino nel 2021 ha superato quota 11 milioni di bottiglie (record toccato solo altre due volte) con una crescita del 27% e il sold out delle due super annate 2015 e 2016.
Risultati molto positivi non solo in termini di vendita (il 37% in più rispetto alla media del triennio precedente) ma anche di crescita del prezzo medio dello sfuso (+28%) e di crollo (-38%) delle giacenze. Tra i grandi rossi toscani bene anche il Chianti classico (+21% nel 2020 e +11% sul 2019) con 35 milioni di bottiglie esportate all’80%.
Ma anche i vini della Valpolicella hanno fatto bene, in un mercato che punta a premiare i grandi nomi, con l’Amarone (+30%) che ha superato quota 15 milioni di bottiglie vendute. E restano sugli scudi anche le grandi etichette piemontesi come il Barolo +22% sul 2020 e il Barbaresco +17%.
Ma a farla da padrone le 2021 sono state le bollicine. Le vendite sono aumentate di volume del 17,9% e di valore del 20%. Un successo derivato dal sempre maggiore gradimento dei giovani e dal sempre maggiore utilizzo come vino da pasto. La crescita delle bollicine è guidata dal Prosecco, ma anche Moscato, Fragolino, Asti, Brachetto.
Ma non mancano i problemi, secondo il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv) Paolo Castelletti, il vino italiano subirà quest’anno una contrazione del proprio fatturato del 2,5%-3% a causa del combinato disposto di fattori congiunturali che con la guerra hanno subito un’ulteriore accelerazione. Il quasi completo azzeramento delle vendite in Russia, la crescita dei costi di produzione, l’inflazione e il calo della fiducia dei consumatori potranno danneggiare questo settore di eccellenza il prossimo anno.