Ecco quali sono le 10 regole d’oro di Gianni Agnelli

10 regole di agnelli
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I suoi consigli sono stati quasi sempre battute perfette per finire sui giornali, ma Gianni Agnelli, l’uomo più potente e ricco d’Italia per buona parte del Novecento, è stato un imprenditore di successo. E le sue parole, un po’ come succede con visionari ricchissimi come Steve Jobs o Elon Musk, possono essere sfruttate per trarre ispirazione nelle proprie scelte finanziarie e di business. Nell’ultimo mese ci sono state tante cerimonie, è stato emesso anche un francobollo ufficiale, per celebrare i cent’anni dalla nascita del padrone della Fiat. Icona di stile, più per le scelte personali che per la bellezza delle auto prodotte, Agnelli è stato un personaggio molto controverso, ma che è sempre riuscito a circondarsi di lusso e bellezza, due elementi che non sempre i ricchissimi di oggi riescono ad ottenere. Morto nella sua Torino nel 2003 il nome di Gianni Agnelli è legato a marchi italiani di successo, dalla Juventus alla Ferrari, ma è stato anche uno dei pochi nostri connazionali a contare qualcosa a livello globale, per questo abbiamo cercato di mettere insieme le sue massime più illuminanti che permettono anche di scoprire qualcosa di più su di lui.

  1. Gli investimentiInvestite in vino, male che vada potrete sempre berlo”. Questa frase, ripetuta più o meno sempre allo stesso modo, l’Avvocato Agnelli (così chiamato per una laurea in Giurisprudenza e non perché abbia mai esercitato la professione legale) sosteneva gliel’avesse insegnata suo nonno, il senatore Giovanni Agnelli, fondatore della Fiat. A chi gli chiedeva consiglio su quali azioni comprare, soprattutto proprio quelle delle società che controllava, Gianni Agnelli replicava così.
  2. Gli imprenditoriUn padrone che non esige che un’impresa dia profitto è un pessimo padrone”. Amato da tantissimi italiani per molti anni Gianni Agnelli è stato anche odiatissimo, soprattutto tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta quando la Fiat, tra licenziamenti, lotte sindacali e l’ombra del terrorismo, era l’avamposto delle battaglie sociali in Italia. Per sé ha sempre riservato lo stile, ma dai suoi manager ha sempre preteso rigore e anche durezza nei rapporti con gli operai. Questa massima, difficilmente la sentirete da un Mark Zuckerberg, sintetizza alla perfezione il suo pensiero sul tema del ruolo dell’imprenditore.
  3. Come creare un’impresa di successoNella costruzione di un gruppo come il nostro ci sono tre tempi: il tempo della forza, il tempo del privilegio, il tempo della vanità. Per me conta solo il primo. Voglio che gli altri due non esistano”. In questa frase c’è forse il consiglio più efficace di Gianni Agnelli per chi vuole diventare un vero imprenditore di sé. Nonostante abbia ereditato la più importante azienda d’Italia l’Avvocato ha sempre insistito per continuare a lavorare per far crescere la Fiat e rafforzarla nelle sfide globali.
  4. I titoli di Stato **“**Se una persona ha fiducia nel Paese, allora investa in Bot, se non ha fiducia in questo Paese, allora li investa all’estero. Ma ogni italiano dovrebbe cercare di avere il massimo di fiducia possibile nel proprio Paese”. L’Italia di Gianni Agnelli era l’Italia del debito pubblico galoppante, ma anche dei rendimenti d’oro dei titoli di Stato, ma il padrone della Fiat ha anche assistito al declino di questo modello economico. Queste parole, regalate a Salvatore Gaziano in un’intervista del 1993, raccontano bene il sentimento di amore che Agnelli aveva per l’Italia anche in una fase economicamente complessa
  5. La responsabilità di capitano d’industriaTutto quello che ho, l’ho ereditato. Ha fatto tutto mio nonno. Devo tutto al diritto di proprietà e al diritto di successione, io vi ho aggiunto il dovere della responsabilità”. Gianni Agnelli ha sempre creduto nei valori liberali, saldo ai principi dell’Atlantismo e dell’amicizia con gli Stati Uniti ha contribuito alla creazione della Commissione Trilateral, un gruppo di studio non governativo che riunisce magnati ed esperti di Europa, Giappone e America. La responsabilità per l’Avvocato è stata quella di non disperdere e, anzi, consolidare il patrimonio che suo nonno aveva costruito. Così spiegano anche le scelte finanziarie con cui ha diversificato gli investimenti della famiglia Agnelli. Un’abitudine ereditata anche da suo nipote John Elkann.
  6. La creatività come ricetta del successoLa creatività è il piacere più grande. È il solo vero valore aggiunto della vita, capace di comprendere tutti gli altri”. Grande amante dell’arte, Andy Warhol lo ha ritratto in uno dei suoi celebri quadri, con la moglie Marella Caracciolo ha costruito una delle più ricche e apprezzate collezioni d’arte privata al mondo. Le loro case, da New York a Parigi fino a Torino, sono diventate delle vere gallerie d’arte e una parte del patrimonio artistico è ora esposta nella Pinacoteca che porta il loro nome sopra il Lingotto di Torino.
  7. Il rapporto con la FiatLa mia vita coincide per tre quarti con quella della Fiat. E il mio rapporto con la Fiat è per metà di memoria e per metà di vissuto”. Gianni Agnelli ha rappresentato la Fiat per tutta la seconda metà del Novecento. Dopo la prematura morte del padre Edoardo, il nonno Giovanni decise che sarebbe stato lui il suo erede e l’Avvocato, giovanissimo e fresco di laurea, curò le trattative con il Comitato di Liberazione Nazionale per far ripartire l’azienda dopo la Seconda Guerra Mondiale. Fino al 1966 lasciò la presidenza e la guida della Fiat al manager Vittorio Valletta che già l’aveva gestita con il nonno, per godersi gli agi del ricco ereditiere. Da quell’anno però prese il timone dell’impresa e visse sulla sua pelle le grandi trasformazioni fino all’inizio degli anni Duemila.
  8. Il rapporto con la politicaNon ho nessuna passione per la politica e per i politici. È un’attività necessaria e anzi che, almeno in teoria, è la più nobile di tutte, ma non mi piace l’inevitabile parzialità dei partiti e l’altrettanto inevitabile egoismo di chi li guida”. Sindaco del paese di famiglia, Villar Perosa, nel secondo Dopoguerra, impegnato come presidente di Confindustria negli anni Settanta, a differenza del fratello Umberto, parlamentare della Dc, e della sorella Susanna, ministro degli Esteri, Gianni Agnelli è stato sempre piuttosto diffidente nei confronti della politica. Anche quando divenne senatore a vita rifiutò di farsi chiamare “senatore” perché era il titolo con cui veniva identificato suo nonno.
  9. Le donneGli uomini si dividono in due categorie: gli uomini che parlano di donne e gli uomini che parlano con le donne. Io di donne preferisco non parlare”. Noto playboy, conquistò le donne più belle del mondo, ma ebbe fino alla morte una sola moglie, Marella Caracciolo di Castagneto, grande appassionata d’arte e madre dei due figli dell’Avvocato, Edoardo (morto tragicamente nel 2000) e Margherita. Non disdegnò mai la compagnia di amanti bellissime: “Ho conosciuto mariti fedeli che erano pessimi mariti. E ho conosciuto mariti infedeli che erano ottimi mariti. Le due cose non vanno necessariamente assieme” spiegò quasi a giustificare il suo stile di vita sentimentale.
  10. La JuveLa Juve è per me l’amore di una vita intera, motivo di gioia e orgoglio, ma anche di delusione e frustrazione, comunque emozioni forti, come può dare una vera e infinita storia d’amore.

È stata la prima azienda di famiglia di cui ha preso la guida, ma la Juventus per Gianni Agnelli è stata la più grande passione. Competente, attento e mai banale amava i giocatori come gli artisti di cui collezionava i quadri: sono diventate celebri le sua associazioni pittori-calciatori, da Raffaello Roberto Baggio a Pinturicchio Alessandro Del Piero. Ma il più amato di tutti resta Michel Platini. Tutti numeri 10.

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