Il futuro di Uber e della sharing economy secondo il Ceo

Uber
Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Telegram

Con metà del pianeta chiusa a casa a causa della pandemia, si è parlato molto del successo dei business online, che hanno guadagnato importanti fette di mercato rispetto alle aziende tradizionali. Uno dei giganti tecnologici che ha subito le maggiori conseguenze è Uber, l’azienda di trasporto californiana che oggi opera nelle maggiori città del mondo.  Il Ceo di Uber Dara Khosrowshahi, che ha preso le redini dal controverso fondatore Travis Kalanick ha recentemente lasciato un’interessante intervista al Wall Street Journal, in cui parla del futuro di Uber e della sua visione della sharing economy in tempo di pandemia. 

Uber si trova in una posizione strana. La parte principale del suo business – quello legato al trasporto pubblico – si è praticamente bloccato durante l’emergenza Covid. Il numero di corse effettuate è calato del 75% rispetto all’anno precedente nei momenti più duri della pandemia nel secondo quarto. Con la seconda ondata che imperversa in molte regioni, l’azienda probabilmente impiegherà molto tempo per tornare ai livelli di business che aveva prima della pandemia.

Ma non tutto il male viene per nuocere, a riprova di come per un’azienda che cresce è importante diversificare il proprio business. Il comparto di food delivery è cresciuto a livelli record diventando la parte più consistente del giro d’affari di Uber. Rispetto al 2019 Uber Eats ha più che raddoppiato la propria attività con oltre 30 milioni di consegne stimate nel 2020 (erano 3 milioni tre anni fa) e un fatturato solo nella prima metà del 2020 di 2.1 miliardi di dollari, ben oltre gli 1.9 miliardi fatti registrare nel 2019.

C’è da dire che il business delle food delivery ancora non è profittevole per Uber e qualcuno potrebbe malignamente domandare: se non si riesce a creare profitto con un servizio di consegna cibo durante una pandemia, quando ci si potrebbe riuscire?

La realtà è che Uber è un’azienda veramente globale che offre un servizio locale, diversificata per sua natura e per questo motivo è così difficile portarla a profitto. “Credo che il business del cibo sia solo a un livello di sviluppo molto embrionale” ha spiegato Khosrowshahi al Wall Street Journal, lasciando intendere che quello delle consegne potrebbe presto diventare il core business di Uber.

“Prendiamo il caso del Giappone, il mercato nel quale stiamo crescendo più velocemente: Uber Eats è adottato solo dal 10% dei ristoranti. La scommessa di Uber è che riuscirà a estendere ancora di più questo livello di penetrazione. Ricordiamo che l’azienda tiene in pancia oltre 7 miliardi di cash e se c’è un momento per guadagnare quote di mercato questo è sicuramente il momento”.

Come fare? “Investimenti per espandere la domanda, ampliando la base clienti, e l’offerta coinvolgendo sempre più ristoranti. Il prossimo passo è quello di espandersi in altri tipi consegna, come il farmaceutico e la spesa alimentare.”

Come si sta evolvendo il business model di Uber

Ma come sono cambiate le abitudini dei consumatori durante la pandemia: “I consumatori stanno ordinando la casa. Dallo shampoo a qualsiasi altra cosa. E la domanda per avere la propria consegna in poche ora a casa diventa sempre più pressante.  Pensate anni fa quando assicurare la propria auto in pochi minuti era solo un sogno. Mentre adesso se uno deve aspettare quattro minuti per ottenere un’assicurazione sembra un tempo infinito. Le aspettative dei consumatori cambiano velocemente e lo stesso sta succedendo per quello che riguarda i tempi di consegna”. 

In questa partita il modello rivale di Uber è quello di Amazon. “Amazon gestisce il commercio direttamente, Uber collega i negozi locali alle persone attraverso la logistica, in questo modo acquistando da un commerciante locale e scegliendo la consegna di Uber posso ricevere quello che ho acquistato ancora più velocemente. Uber vuole essere un servizio destinato ai negozianti locali. Mentre Amazon ha una visione più olistica” 

Secondo le proiezioni l’azienda raggiungerà la profittabilità entro il prossimo anno, ma come evolverà la situazione in un ambiente economico così incerto. “Non siamo ancora in un’economia post-pandemia, siamo un’economia da pandemia. Quello che ancora non sappiamo è se le persone torneranno a comportarsi come prima o cambieranno le proprie abitudini a seconda di quanto hanno imparato durante la pandemia”. Staremo a vedere ma ciò che è certo è che la sfida per il settore delle consegne è aperta.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Telegram

Potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Iscriviti alla Newsletter