Ecco perché le bugie possono farti ottenere il posto
Mentire a un colloquio di lavoro può essere la strategia migliore per ottenere il posto. I rischi sono tanti, ma i più recenti studi sulle dinamiche psicologiche nella selezione del personale dimostrano che durante le interviste a dire le bugie sono sia i selezionatori sia i candidati.
Del tema si sono occupati psicologici e neuroscienziati, come Robert Feldman, professore all’Università del Massachusetts di Amherst, ma anche il Wall Street Journal che ha raccolto le testimonianze di chi ha alle spalle migliaia di colloqui e ne ha simulato uno. “Si tratta di una situazione disegnata quasi per spingere a mentire” racconta proprio Feldman, autore del libro “The Liar in Your Life”. Uno degli ultimi studi realizzati negli Stati Uniti conferma che durante i colloqui le persone raccontano di aver avuto ruoli più grandi e rilevanti nei precedenti impieghi, mentre sminuiscono o stravolgono le ragioni per cui hanno cambiato lavoro. Una ricerca del 2019 dell”Università di Guelph in Ontario, sostiene che ognuno dei partecipanti al test dice di aver esagerato o nascosto almeno una cosa durante un colloquio di lavoro. Se tutti mentono, insomma, può convenire non chiudersi questa possibilità con il rischio di essere scartati.
Santa Maradona, la sincerità e l’empatia
Nel film cult “Santa Maradona” il protagonista, Stefano Accorsi, partecipa a diversi colloqui e in una delle scene più celebri, alla domanda “qual è il suo pregio?”, risponde “la sincerità”. Stessa risposta arriva alla domanda sul difetto, sempre “la sincerità”. E “la sincerità” va bene per qualsiasi domanda venga posta ad Accorsi, compresa la “sua più grande aspirazione”. Non certo il modo migliore per seguire il consiglio di Nicolas Roulin, professore di Psicologia Industriale all’Università Saint Mary di Halifax e che ha dedicato ai colloqui il libro “The Psycology of Job Interviews”. La tecnica suggerita dall’accademico in inglese è nota come “ingratiation”, ma in italiano potrebbe essere spiegato con la necessità di essere empatici con l’intervistatore e ottenere la sua simpatia. Gli esempi sono tanti e tutti, almeno una volta con un professore o durante un colloquio ne hanno fatto qualcuno. Pensiamo a quando si ride alle battute, nient’affatto divertenti del capo, oppure si dice di amare lo stesso gruppo musicale (che in realtà si detesta) di cui l’intervistatore ha il poster appeso dietro la scrivania. Questo però non vuol dire snaturarsi perché se si esagera il rischio di essere scoperti cresce e in quel caso l’effetto sarebbe l’esatto contrario di quello desiderato.
Mentire, ma non troppo
La ricerca del professor Roulin sostiene che tutti i candidati adattino le risposte ai test di personalità in modo che sembrino più adatte all’azienda dove vogliono andare a lavorare. Ma lo stesso studio stima che circa l’80% delle persone “abbellisca” il proprio curriculum, mentre il una quota che va dal 20 al 30% arriva addirittura a inventarsi una laurea o un altro titolo di studio. Ecco questo è un errore molto grave perché, se è vero quanto afferma il dottor Feldman, cioè che, in media, tutti i partecipanti a un colloquio dicono due o tre bugie in un’intervista che dura tra i 10 e i 15 minuti, mentire su questioni facilmente verificabili come i titoli di studio o le competenze può fare perdere immediatamente il lavoro. Sempre queste statistiche evidenziano che gli uomini mentano di più accrescendo le proprie capacità, mentre le donne mentono di più sulle caratteristiche degli altri, cercando di seguire quindi la strategia della “ingratiation”. Le persone poi tendono a gonfiare le proprie abilità linguistiche, ma anche le capacità con il computer. Kathryn Minshew, amministratore delegato della piattaforma online per cercare lavoro The Muse, consiglia proprio di non esagerare nelle capacità: “L’ultima cosa che uno può volere è trovarsi intrappolato in una situazione in cui ha dichiarato di essere competente o esperto senza potersela cavare”.
La menzogna dello stipendio
Secondo Feldman la questione degli stipendi è una di quelle su cui si dicono più bugie. Se da un lato i candidati spesso cercano di sviare la discussione sulle parti più negative del proprio curriculum, come ad esempio i voti bassi nella parte di formazione o i periodi di disoccupazione tra un impiego e l’altro, dall’altro su quanto guadagnavano in passato tutti sono disposti a mentire per cercare di strappare una cifra più alta. La bugia che tutti tollerano, anche se non lo ammetteranno mai, è che la prima ragione per cui ci si presenta a un colloquio è perché si ha bisogno di uno stipendio, possibilmente più alto. Eppure tutti dicono “perché questa è l’azienda che sognavo da sempre”, “perché voglio crescere”, “perché penso che qui potrò mostrare le mie capacità”.
Alcuni consigli per non mentire (o farlo poco)
La Ceo della piattaforma The Muse suggerisce per chi è giovane e non ha molta esperienza di non esagerare con le menzogne, ma piuttosto di evidenziare quanto imparato con lo studio o nei periodi di formazione e di concentrarsi sulle competenze trasversali che si sono acquisite anche nei propri momenti liberi, o lavorando in gruppo a scuola o facendo volontariato, ad esempio.
Nel curriculum ci sono delle omissioni che possono essere accettate o giustificate: secondo Minshew, ad esempio, può essere saggio rimuovere informazioni come l’anno di laurea o l’indirizzo per evitare pregiudizi, lo stesso vale per il luogo di residenza o per l’età. Durante i colloqui è accettabile, anzi consigliato, non dire se si ha avuto una brutta malattia o se si ha intenzione di avere figli. Tutte informazioni che potrebbero portare a una discriminazione.
Anche gli intervistatori mentono
Attenzione, però le bugie non sono un’esclusiva di chi cerca lavoro. Se uno è disperato può trovarsi ad accettare la menzogna del candidato senza andare a verificarla, ma soprattutto possono trovarsi a raccontare un’azienda con un ambiente lavorativo fantastico quando non è così. Così come spesso chi ti propone un lavoro omette alcune delle difficoltà intrinseche in quella attività o dichiara un numero di ore necessarie minore di quelle che poi saranno nella realtà. Per questo è importante, quando si fa un colloquio, cercare di fare una buona impressione, ovviamente, ma anche cercare di capire bene dove si sta andando a lavorare facendo domande precise.