Parità Euro-Dollaro: cosa significa?

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L’euro ha subito un crollo rapido e brutale quest’anno, e ora ha toccato una soglia psicologica cruciale per la prima volta in più di due decenni di storia: la parità con il dollaro. Oggi un euro viene scambiato con un dollaro, un tasso di cambio mai raggiunto in 20 anni di storia della moneta unica.

Il calo del 12% è il risultato di molteplici cause, dalla guerra in Ucraina alla crisi energetica, al crescente rischio che la Russia tagli alle esportazioni di gas e spinga l’area euro in recessione. Aggiungiamo le banche centrali che si muovono a velocità molto diverse con il ciclo negli Stati Uniti molto più maturo che in Europa e la banca centrale americana molto più avanti nel percorso di innalzamento dei tassi. Anche la diversa situazione economica in Europa e negli Usa contribuisce: le possibilità di recessione sono più alte nel Vecchio Continente e ciò getta un dubbio nei mercati riguardo la capacità della BCE di continuare nella stretta monetaria sulla scia della Fed.

I mercati guardano avanti e sanno che ciò potrebbe ritardare ulteriormente il riallineamento del ciclo monetario. Per questo alcuni analisti affermano che la parità potrebbe non essere il punto finale, ma semplicemente un trampolino di lancio verso un’ulteriore indebolimento dell’Euro nei confronti del dollaro.

La caduta dell’euro verso la parità con il dollaro ha spinto la Banca centrale europea contro un muro. Lasciare che la valuta si svaluti ulteriormente farebbe crescere l’inflazione, aumentando il rischio che la crescita dei prezzi si consolidi a un tasso ben al di sopra dell’obiettivo del 2%. Per recuperare terreno ci vorrebbero aumenti più rapidi dei tassi di interesse, che potrebbero aumentare il rischio per un’economia già alle prese con una possibile recessione e una crisi energetica. La banca centrale  ha minimizzato la questione, sostenendo di non avere un obiettivo legato al tasso di cambio.

Anche i resoconti della riunione di giugno pubblicati giovedì non hanno indicato alcuna discussione particolare. Ma la portata della svalutazione è troppo grande per essere minimizzata. Un euro debole aumenta il costo delle importazioni, in particolare per l’energia e altre materie prime denominate in dollari, esacerbando ulteriormente l’inflazione. Studi citati frequentemente dalla BCE suggeriscono che un deprezzamento dell’1% del tasso di cambio aumenta l’inflazione dello 0,1% in un anno e fino allo 0,25% in tre anni.

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